Assegnato il premio Nobel per l’Economia ad Angus Deaton noto per il suo paradosso.
Parlando degli economisti mi viene in mente la battuta che dice “sono bravi a prevedere ciò che è già accaduto”. E se ne vantano pure. Dopo il caso della Lehman Brothers giusto per citare quella “piccola” vicenda che ha stravolto l’economia mondiale, molti di loro si lasciarono andare alla frase più fastidiosa che si possa sentire: “io lo avevo detto”. Ma qual è il lavoro di un economista allora mi chiedo? I bilanci degli Stati non quadrano mai; i dissesti finanziari di società, banche, istituti sono all’ordine del giorno; molta parte della popolazione del mondo ancora muore di fame; nelle società dei consumi molte persone non arrivano a fine mese e si potrebbe andare avanti con queste contraddizioni dei nostri tempi che arrivano all’acme con il seguente dato: il 10% della popolazione mondiale detiene l’86% della ricchezza totale. Forse non ho capito bene che lavoro fanno gli economisti, certamente per qualcuno hanno lavorato. L’accumulo nelle mani di pochi non rappresenta uno stimolo all’economia, semmai, ne costituisce un freno. Questo è il concetto alla base del noto paradosso che prende il nome dall’economista Angus Deaton premiato ieri con il Nobel per l’Economia. Il ragionamento è stato avvalorato da alcuni studi, ossia “la regolarità del consumo di fronte a shock inattesi del reddito permanente”. Egli ha dedotto che oltre una un reddito di 75 mila euro, non si verifica un aumento di propensione al consumo e si avverte meno il senso di benessere e felicità, concetto quest’ultimo ignorato dalla maggior parte delle teorie economiche fatto salvo che per il movimento della “decrescita felice”.