Secondo il sondaggio diffuso da Anima Confindustria, il 66,7% delle imprese potrebbe recuperare le perdite subite nel 2020 già entro la fine di quest’anno.
La meccanica italiana si sta riprendendo più velocemente di quanto si potesse sperare a inizio anno. Questo è il dato che emerge dall’ultimo sondaggio diffuso da Anima Confindustria nella prima metà di luglio alle aziende associate. Due aziende su tre – all’interno di un campione eterogeneo e rappresentativo della quasi totalità dei settori di Anima – ha infatti dichiarato di prevedere una completa ripresa delle perdite subite nel 2020 entro la fine del 2021.
«Siamo certamente soddisfatti – dichiara il presidente di Anima Confindustria, Marco Nocivelli –dell’andamento dei primi sei mesi dell’anno, che va oltre le nostre aspettative. Nonostante ciò, occorre tenere in considerazione alcune criticità. Prima tra tutte, l’aumento del costo delle materie prime e la difficoltà nel reperirle, che può inficiare la ripresa innescata nel corso del primo semestre, causando un calo della produzione, rischi sulla marginalità e ritardi nelle consegne».
A confronto con i valori pre-Covid, il 59,2% del campione prevede addirittura una crescita del fatturato rispetto al 2019, in molti casi maggiore o uguale al +5%. «In questo momento – prosegue Nocivelli – non mancano gli ordini, ma manca la disponibilità di materie prime e semilavorati. Non è da escludere che, senza questa difficoltà, l’incremento di fatturato sarebbe stato maggiore in termini percentuali». Ancora molte, invece, le aziende della meccanica che non vedono margini di ripresa fino al 2022-2023: per il 21% del campione, i risultati del primo semestre lasciano presagire perdite superiori al -5% nel 2021, rispetto al fatturato del 2019. Un dato che evidenzia come le prospettive di ripresa non riguardino in modo omogeneo tutte le aziende dell’industria meccanica, con risultati anche notevolmente diversi tra i comparti. Un esempio è il settore HoReCa, che ancora sconta in maniera tangibile gli impatti della crisi pandemica e necessita quindi di più solidi stimoli per la ripresa.
A livello di mercato interno, si riscontra un dato incoraggiante nell’abbassamento del ritardo negli incassi da parte dei clienti, fattore che indica un buon registro del flusso di cassa e un miglioramento generale dell’economia italiana. Se a dicembre 2020 il 44,7% delle aziende registrava ritardi negli incassi, oggi la percentuale è scesa al 22,2%.
Fondamentale per l’industria meccanica la ripresa delle esportazioni: quasi la metà degli intervistati (48%) ha registrato un miglioramento del fatturato legato all’export rispetto al 2019. Come evidenzia Marco Nocivelli «La ripresa delle esportazioni è un dato che va oltre i numeri. Ricordiamo che la meccanica italiana è un settore apprezzato in tutto il mondo, quanto la moda o il food, tanto che oltre la metà dei prodotti delle nostre aziende raggiunge Paesi stranieri. Il lockdown dell’anno scorso ci aveva fatto perdere alcune quote all’estero, ma per fortuna i nostri prodotti hanno ripreso a viaggiare a pieno ritmo».
Sembra inoltre essere scongiurata la possibilità di un calo occupazionale: circa il 93% delle imprese associate in Anima non prevede licenziamenti nei prossimi mesi, nonostante alcune aziende continuino a soffrire il contraccolpo dell’anno scorso. La principale causa è rappresentata dal calo degli ordinativi del 2020, che si ripercuote sull’anno in corso, oltre all’incertezza che pervade il Paese intero riguardo al futuro dell’economia e della società nella seconda parte del 2021.
Ma il comparto della meccanica guarda anche alle opportunità future: «In questo contesto di complessiva ripresa – sottolinea Nocivelli – Anima confida che il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza possa costituire un ulteriore moltiplicatore di crescita, permettendo alle aziende associate di affrontare al meglio le sfide della transizione ecologica e rimanere al passo con gli sviluppi del settore manifatturiero, che sarà sempre più rivolto verso nuove applicazioni e nuove tecnologie, come ad esempio quelle legate alla filiera dell’idrogeno». E aggiunge: «Su questo tema, l’auspicio è che i settori produttivi e l’industria vengano maggiormente coinvolti dalle istituzioni nella definizione di dettaglio dei progetti e nella loro attuazione, al fine di identificare le migliori sinergie in campo».