Meccanica ANIMA in crescita, positivo anche il mercato interno. Nel 2016 produzione a 44,6 miliardi di euro.
L’Assemblea generale ANIMA 2016, tenutasi oggi 5 luglio nella prestigiosa sede del Sole24Ore, ha illustrato uno scenario positivo per la Meccanica italiana nell’era di Industria 4.0 a cominciare dai dati di consuntivo del 2015, con la produzione a 44,2 miliardi di euro, fino alle stime 2016 che la vedono salire a 44,6 miliardi di euro. Bene come sempre le esportazioni che valgono 26 miliardi di euro (+2% 2015 vs 2014) e rappresentano il 59% del fatturato totale. Ospite d’onore dell’evento Vincenzo Boccia Presidente di Confindustria.
«La sorpresa piacevole oggi è tuttvia la crescita del mercato Italia registrata nel 2015». – dichiara Alberto Caprari, Presidente ANIMA – «A questa nota positiva siamo arrivati dopo anni di difficoltà ed è imperativo fare di tutto per
mantenere e sviluppare questo trend favorevole. Dobbiamo abbracciare tutte le soluzioni disponibili per migliorare aziende e prodotti, contribuendo alla ripresa del Paese. In questo senso, cavalcare anche l’Industry 4.0, nuova filosofia e strumento, è opportuno per promuovere e declinare vera innovazione. Le sfide e opportunità dei mercati di oggi vanno condivise poi nella filiera, con i clienti e i fornitori. Banche comprese». – Continua Caprari – «Come imprenditori siamo abituati alla necessità di innovare e combattere ogni giorno; come italiani siamo flessibili e sempre pronti al cambiamento. All’alba di questa impegnativa quarta rivoluzione industriale, chiediamo al Governo un patto per la ripresa e fondi 4.0 destinati alla diffusione di strumenti per la crescita, ben calibrati sulle imprese italiane – che in meccanica sono leader nel mondo. Noi non ci tiriamo indietro, anzi! Ma necessitiamo di supporti specifici per favorire un nuovo sviluppo industriale, con riflessi positivi anche sull’occupazione». – conclude il Presidente Caprari – «La rinnovata azione di Confindustria, con la nuova Presidenza, fa ben pensare in questo senso. Noi della meccanica siamo in prima linea per il bene del Paese, ma anche del nostro amato made in Italy.»
La Meccanica italiana 4.0 è stata al centro degli interventi che hanno caratterizzato la sessione aperta al pubblico e alla stampa e la tavola rotonda che ha visto protagonisti prestigiosi utilizzatori e fornitori di tecnologia moderati da Paolo Massardi Senior Partner di Roland Berger: Mario Corsi di ABB, Alessandro Riello di Aermec, Giuseppe Zampini di Ansaldo Energia, Ali Reza Arabnia di Geico, Andrea Salati Chiodini di Minerva Omega Group e Federico Golla di Siemens.
Nel suo intervento dal titolo “Dalla difficile realtà della deflazione alla sfida di un nuovo futuro” Marco Fortis Vice Presidente di Fondazione Edison sottolinea le incertezze che la deflazione trascina con sé unitamente al prezzo del petrolio che, se da un lato ha portato benefici, dall’altro ha sgonfiato il potere di acquisto di molti paesi emergenti.
“L’Italia e l’Europa si trovano in un contesto di bassa crescita. La dinamica italiana sta vivendo una fase di ripresa graduale ma che ancora non lievita oltre l’1,1%. Dentro a questa piccola crescita ci sono aspetti positivi e altri problematici. L’aspetto più positivo è che i consumi delle famiglie stanno crescendo tendenzialmente dell’1,5% molto vicino a quello della Germania. Gli inevstienti sono la componente che ancora fatica a decollare e qui ci sono speranze che la duplice tenaglia della Sabatini e del super ammortamento possa dare una spinta. Nel I trimestre dell’anno per sempio c’è stata una forte accelerazione degli orindi di macchine utensili dell’ordine del 30%. Un altro aspetto importante riguarda la ripresa del mercato del lavoro che si arrichiesce del nuovo dato Istat del mese di maggio. Dal periodo di massima occupazione precrisi al minimo occupazionale del periodo di crisi abbiamo perso un milione di posti di lavoro. Nell’aprile 2008 gli occupati dipendenti permanenti erano 14 milioni e 821 mila; a maggio 2016 sono 14 milioni e 847 mila ciò sigiifica che le aziende che assumono hanno oggi più dipendenti che nel massimo raggiunto nel 2008, grazie alle politiche economiche di stimolo sull’occupazione. Il vero problema è legato alla perdita di 567 mila posti di lavoro indipendenti, alcuni dei quali sono stati stabilizzati, ma molti dei quali non sono più recuperabili se non con nuove occupazioni a cominciare dalle nuove tecnologie e da Industria 4.0. Poi abbiamo le grandi incognite, la più grande di tutte è la Brexit. Difficile dire quale sarà l’impatto di questo evento sulla nostra economia però un dato di fatto è che la Gran Bretagna è per i prodotti esportati dalle aziende ANIMA un mercato molto importante dal 2008 al 2015 costantemente in crescita“.
Per uscire da questa situazione di incertezza, secondo Fortis, sono tre i punti cruciali “Crescita dimensionale delle imprese, internazionalizzazione e innovazione tecnologica. Se guardiamo il settore manifatturiero le nostre 8000 aziende con piu di 50 addetti esportano piu della Gran Bretagna e quasi come la Francia. I problemi semmai vengono dalle piccole e micro imprese che esportano davvero poco, sebbene non tutte sono nate per esportare. Queste aziende devono quindi poter e saper crescere. Poi c’è la sfida della R&S. Nel manifatturiero l’Italia spende di più in rapporto al PIL della Gran Bretagna ed è terza nell’Euro Zona. Soprattutto noi facciamo R&S nei settori dove siamo presenti per esempio nella Meccanica dove siamo secondi dopo la Germania spendendo 1,3 miliardi di euro. Certo vanno fatti ulteriori sforzi per confermare questi risultati e qui entriamo nel futuro della quarta rivoluzione industriale. Ma come può svilupparsi veramente questa spinta del 4.0? Tra le difinizioni di Industria 4.0 ricordo la seguente: “Il collegamento in tempo reale di esseri umani, macchine e oggetti per la gestione intelligenti di sistemi”. L’interfacciarsi di tutte queste variabili da Internet delle Cose, alla realtà aumentata, alla robotica, alla Cyber security, all’additive manufacturing ecc. è certamente il campo su cu si gioca questa sfida“.
Le conclusioni di Vincenzo Boccia ricordano che l’Italia è all’inizio di un cambio di rotta ma non siamo sicuramente in una fase di ripresa. “Ma non dobbiamo dimenticare che siamo il secondo paese industriale in Europa nonostante l’impresa italiana paghi, rispetto a quella tedesca, il 30% in più l’energia elettrica, il 20% di tasse in più e un costo del lavoro per unità di prodotto che negli ultimi 15 anni è aumento del 30%. Ciò vuol dire che siamo secondi sapendo di essere primi. Un altro dato di fatto è relativo alle dimensioni aziendali del nostro paese, basti guardare il dato relativo all’export. 256 miliardi di euro esportati su 314 riguardano una fascia dimensionale alta ed è il motivo per cui dobbiamo crescere. Ma se vogliamo affrontare il sistema industriale italiano dobbiamo prendere atto che c’è una questione sia dentro che fuori i cancelli delle fabbriche, così come è vero che occorre un cambio culturale e che anche restando piccoli, attraverso reti di impresa, si possono raggiungere risutati importanti. La cresita dimensionale rimane comunque un passo fondamentale per affrontare i mercati. L’industria che dobbiamo immaginare è ad alto valore aggiunto, ad alta intesità di produttività a di investimenti, che aggiunge servizi ai prdotti, in altre parole è l’industria della quarta rivolzione industriale che riguarda soprattutto un cambio di mentalità. L’innovazione, non dimentichiamoci, è infatti implicita nel sistema industriale italiano perché altrimenti non potremmo essere secondi in Europa. L’idea di Confindustria di attivare una poltica dell’offerta per permettere alle aziende di essere competitive nel mondo è già un’idea di politica economica che ovviamente deve intervenire sui fattori di competitività e non sui settori. Sulla questione europea legata al Brexit credo che dobbiamo reagire prima di vedere le manovre che adotterà la Gran Bretagna per le sue imprese, senza perdere ulteriormente tempo, immaginando una Europa federalista, non intergovernativa, che scambi sovranità con crescita, che abbia un ministro delle finanze e che contribuisca a una politica economica coerente con la politica monetaria europea“.