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Auto elettriche: i nodi arrivano al pettine

Ci sono voluti alcuni decenni ma alla fine l’UE si è accorta che alcune politiche industriali non solo sono contro producenti per l’economia dell’Europa, ma addirittura favoriscono l’avanzare del colonialismo cinese. Così ecco che improvvisamente avanza l’ipotesi dell’aumento dei dazi sulle auto elettriche provenienti dalla Cina, con immediata reazione dei diretti interessati, cinesi e tedeschi, i quali sarebbero i primi a dover piangere lacrime amare se il governo di Xi Jinping dovesse mettere in campo ritorsioni commerciali. Dietro a tutto ciò, è abbastanza chiara la mano statunitense, da tempo preoccupata dalla sovracapacità produttiva della Cina. D’altronde, gli Stati Uniti stanno adottando da tempo una politica dei dazi su una serie di prodotti cinesi, tra cui le auto elettriche, per proteggere il proprio comparto manifatturiero. Ben diversa potrebbe essere l’intenzione dei paesi europei, perlomeno di alcuni, capeggiati dalla Turchia, che, con questa azione, sperano di costringere i produttori cinesi ad aprire stabilimenti a casa nostra.

La Cina dal canto suo accusa l’UE di fare una sorta di doppio gioco. Secondo Pechino, l’Europa da una parte espone la bandiera della sostenibilità ambientale, dall’altra quella del protezionismo, minacciando di adottare misure necessarie a difendere gli interessi delle proprie aziende e di far saltare i precedenti accordi di cooperazione.

L’aumento dei dazi sulle importazioni, tra il 17,4% e il 38,1%, dovrebbe partire dal prossimo 4 luglio. Vedremo quale sentimento prevarrà, se un “sano” protezionismo, a scoppio ritardato, o un più “prudente” dietro-front.

 

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