
Il Manifatturiero europeo sta abbandonando la produzione di massa per far posto alla personalizzazione di massa. Industria 4.0 è la risposta a questo mutamento.
Perché oggi si parla tanto di Industria 4.0, quarta rivoluzione industriale, digitalizzazione delle imprese, fabbrica intelligente e altro ancora? Dando per scontato che sono temi caldi del momento e come tali sono sulla bocca di tutti gli operatori del mondo industriale, appare chiaro che vige una certa curiosità mescolata a una buona dose di scetticismo, condita da una umana refrattarietà al cambiamento. Se in determinati ambiti produttivi, in particolare nelle grandi aziende, questi concetti sono ben noti e, come dire, amalgamati, in un tessuto economico come quello italiano costituito da piccole e medie imprese non solo non sono chiari, ma soprattutto non vengono recepiti come opportunità. Credo che questo sia il vero nocciolo della questione, ovvero, che Industria 4.0 è invece un grande vantaggio che le aziende manifatturiere devono sapere sfruttare.
Essa si sposa con le nuove esigenze dei consumatori a livello globale, per cui si sta abbandonando sempre più la produzione di massa per far posto alla personalizzazione di massa. Ma per fornire prodotti fatti su misura, personalizzati, su larga scala bisogna puntare su linee di produzione industriali altamente automatizzate, con un elevato grado di riconfigurazione semplice e veloce e su macchine di produzione sempre più performanti. Ed è proprio qui che si inserisce in modo prepotente il concetto di Industria 4.0 o, per dirla all’italiana, Fabbrica Intelligente.
Su questi temi, quindi, DMG MORI Italia, in occasione dell’open house di Brembate di Sopra (BG), ha organizzato una tavola rotonda a cui hanno partecipato illustri personaggi provenienti dal mondo associativo e industriale. Lo scopo era quello di far apparire alla platea degli ascoltatori questi argomenti meno ostici e complessi di quanto possa sembrare.
Ma c’è un altro aspetto su cui i relatori sono stati chiamati a intervenire, ovvero, il ruolo che avranno le risorse umane. Infatti, oltre che a nuove competenze di gestione dei sistemi produttivi, conoscenze avanzate (ingegneria della lavorazione, CAD/CAM, nuovi materiali, monitoraggio, tecnologia dei sensori, grandi quantità di dati) alle persone verrà richiesto anche un cambio di mentalità. Per contro anche il mondo scolastico e accademico si dovrà attrezzare per preparare i tecnici della fabbrica intelligente del futuro.
All’incontro erano presenti Filippo Giannini di Siemens, Gian Paolo Gerio di Comau, Cristian Locatelli di Marzoli Gruppo Camozzi, Alessandro Marini di AFIL, Alfredo Mariotti di Ucimu – Sistemi per Produrre e Fabio Chiavieri del giornale L’Ammonitore quale moderatore dell’evento.
Perchè digitalizzare le imprese?
«La digitalizzazione sta condizionando la nostra vita quotidiana e ha un impatto notevole sul business e sull’economia – dice Filippo Giannini. Essa viene considerata una forte leva di crescita per la competitività e per l’introduzione sul mercato di nuove tecnologie. Gli analisti sostengono che un aumento di circa il 10 % della digitalizzazione di un paese può portare a un incremento di circa un punto percentuale del PIL procapite e la riduzione di circa un punto percentuale della disoccupazione. Internet of Things (IoT) è un termine che sentiamo e troviamo spesso su riviste, giornali e mass media ed è correlato alla connettività via Internet dei così detti smart device, per esempio smartphone, tablet, e ai servizi a essi correlati come le app. Questo concetto del mondo consumer viene traslato nel mondo industriale facendo riferimento al IoT & Services come una piattaforma per l’interconnessione di macchine, impianti e processi che scambiano tra loro informazioni e comandi generando servizi. Si pensa che entro il 2020 più di 50 miliardi di oggetti “intelligenti” saranno collegati a IoT. A questo punto è lecito chiedersi: con l’evoluzione della digitalizzazione, i prodotti attualmente richiesti dal mercato, i business di nicchia su cui stanno investendo diverse aziende, gli attuali modelli di business quanto possono essere preservati? In altri termini quanto le nostre aziende sono pronte a reagire a questa trasformazione? Proprio per l’importanza della digitalizzazione in molti paesi industrializzati si stanno sviluppando programmi (Industrie 4.0 in Germania, Fabbrica Intelligente in Italia, ndr) per lo sviluppo di un settore manifatturiero sostenibile e più competitivo. Oggi il mercato richiede sia a grandi che a piccole e medie imprese, prodotti sempre più complessi, personalizzati, condizionati da cicli di vita sempre più brevi, prodotti in piccoli lotti, a prezzi accessibili e che possono essere acquistati o configurati anche online».
La tendenza illustrata dall’ingegner Giannini è già in atto e sotto gli occhi di tutti, a cominciare da noi consumatori. Non per questo essa fa dormire sogni tranquilli alle aziende che, quindi, devono attrezzarsi e seguire delle precise strategie, ma quali?
«I driver importanti per fare un’azienda competitiva sono l’efficienza, la produttività, sia per produzioni di massa, sia per piccoli lotti, e la flessibilità che devono essere garantiti anche dalla stessa unità produttiva. Senza dimenticare la riduzione del time to market. Siemens punta molto sul tema della digitalizzazione. La società investe ogni anno oltre 4,5 miliardi di euro in ricerca e sviluppo e molti di questi sono dedicati allo sviluppo di software industriale. Nell’ultimo decennio Siemens ha realizzato, inoltre, una importante campagna di acquisizioni per oltre 5 miliardi di euro di società leader mondiali nell’ambito del software. Con un posizionamento completo lungo l’intera catena del valore dall’idea del prodotto, alla progettazione, all’ingegnerizzazione, alla produzione vera e propria fino ai servizi, Siemens utilizza e testa le proprie piattaforme HW e SW integrate e collaborative nell’ambito dei propri siti produttivi, come per esempio nella fabbrica di Amberg dove vengono prodotti PLC e pannelli della famiglia Simatic. Si tratta di uno stabilimento di 25 anni, che è stato trasformato in una smart factory e che produce più di 12milioni di prodotti Simatic all’anno e li distribuisce a 60mila clienti in tutto il mondo. Il 75% di questa fabbrica è gestita da macchine e robot; vengono movimentati più di 3 miliardi di componenti e ci sono più di 1000 scanner, 1000 PLC e 1000 stazioni di misura online che consentono ai prodotti stessi, in fase di assemblaggio, di comunicare alle macchine che tipo di lavorazioni questi devono subire. Questo è anche un primo step verso l’utilizzo del CPS (Cyber Phisical Systems). Con la digitalizzazione della produzione, in Amberg siamo passati da 500 difetti per milione a 12 difetti per milione, quindi la qualità in 25 anni è aumentata di 40 volte, mentre la produttività è cresciuta di 8 volte gestendo una produzione non di serie ma con 1000 varianti di prodotto. Siemens propone soluzioni complete per facilitare l’evoluzione delle piccole-medie imprese nel contesto dell’Industry 4.0 e, allo stesso tempo, per mettere in rete grandi stabilimenti produttivi grazie alla sua piattaforma, Digital Enterprise Software Suite. Inoltre propone soluzioni cloud based innovative per i Data Analytics e la gestione degli Smart Data».
Il proliferare di sensori, di macchine, di impianti, di sistemi di misura in rete genera una mole immensa di dati definita Big Data. I clienti però si aspettano che questa enorme quantità di dati venga acquisita, studiata e analizzata per fare in modo che diventi un valore aggiunto per l’azienda stessa. Solo a questo punto si ha la trasformazione da Big Data a Smart Data ed è questo un altro grande filone legato a Industria 4.0.
«Un altro elemento che sarà determinante per la competitività delle aziende perché impatterà fortemente sui costi di avviamento di una linea di produzione, è la fusione tra mondo reale e mondo virtuale. Quest’ultimo è la rappresentazione più prossima alla realtà di un prodotto, della macchina, di linee di produzione o di processi o dell’intera catena del valore, come fosse il “gemello” (digital twin) di un oggetto o di un processo reali. Con il modello virtuale sarà molto facile progettare, simulare prodotti e processi e anche ottimizzarli ancora prima che esistano realmente. Il risparmio è evidente perché si evita la produzione di prototipi reali, costi per fare test nelle fasi di ottimizzazione dell’impianto e di prevenire gli errori. Un esempio di applicazione è il modello virtuale della macchina DMG MORI che può sostitutire la macchina reale per le attività non realmente produttive, come ad esempio la formazione, la validazione dei programmi e le prove per l’introduzione di nuovi prodotti. La macchina virtuale DMG MORI, controllata dal controllo numerico virtuale Siemens (Sinumerik Integrate RunMyVNCK) è un esempio concreto di catena CAD-CAM/CNC integrata grazie al software Siemens NX e alla piattaforma CNC Sinumerik».
Cambio culturale, ma l’uomo deve rimanere centrale
Come già citato il tessuto imprenditoriale italiano è fatto da piccole e medie aziende che per loro natura, dimensionale, gestionale e organizzativa fanno maggior fatica a intraprendere la strada del cambiamento, soprattutto quando si tratta di un percorso obiettivamente complesso.
Fortunatamente l’interesse verso la digitalizzazione è molto forte perché forte è la consapevolezza che il mercato è molto dinamico. Il ruolo del management è pertanto molto importante perché tutto quanto comporta un cambiamento nel sistema organizzativo aziendale e mettere in parallelo ingegneria meccanica, elettrica e automazione non è cosa da poco. Un cambiamento dunque che coinvolge le persone.
Qual è l’atteggiamento delle aziende italiane nel campo delle macchine utensili ce lo spiega Alfredo Mariotti: «Con Internet 4.0 si cerca di applicare all’interno dell’industria ciò che è reso attualmente possibile da internet, una piattaforma che ha stravolto il nostro modo di vivere, agire e interagire. Anche in Italia già da anni, mentre i tedeschi introducevano sul mercato il marchio Industrie 4.0, si lavorava alla cosiddetta “fabbrica del futuro” soprattutto perché l’ingresso sul mercato di produttori di macchine utensili dei paesi del BRICS ha costretto i costruttori europei ad alzare l’asticella per mantenere alto l’aspetto qualitativo, ma anche di sostenibilità dei prodotti. Per questo si iniziò a parlare di monitoraggio della produzione, di robot che potessero sostituire le persone in talune operazioni, di flessibilità, di ottimizzazione della produzione e delle risorse energetiche. Fatta questa premessa dobbiamo calarci nella realtà italiana costituita al 95% da piccole e medie imprese e dove il parco macchine utensili nel corso degli ultimi 10 anni è passato da un’età media di 10 anni a un’età media di 13 anni (dato 2015, ndr), fatto molto preoccupante visto che il nostro paese non può vivere senza il comparto manifatturiero. A questo punto la domanda è: come può essere applicata Industria 4.0 nel nostro contesto attuale? L’introduzione di questi nuovi paradigmi industriali vanno bene a patto che siano economicamente e socialmente sostenibili. Questo significa che dovranno modificare il lavoro della persona all’interno della fabbrica che dovrà quindi conservare un ruolo centrale, perché non dobbiamo dimenticarci che l’obiettivo dell’introduzione delle nuove tecnologie, e quindi anche della digitalizzazione, è soprattutto quello di rendere la vita degli esseri umani migliore e più dignitosa.
Senza considerare che calando l’occupazione, diminuirebbero come immediata conseguenza anche i consumi. E quindi a cosa servirebbe alla fine tutta questa nuova efficienza delle nostre fabbriche?
L’uomo continua a essere centrale all’interno della fabbrica perché l’”intelligenza” delle macchine, dei sensori, della progettazione, dell’automazione la dovrà comunque mettere l’uomo anche se non lo farà più manualmente. Certo dovrà cambiare il rapporto tra impresa e scuola, cambiamento fortunatamente già in atto grazie anche all’opera di Ucimu che sta favorendo molti cambiamenti all’interno degli istituti tecnici stessi».
La robotica parte integrante di Industria 4.0
Tornando alla parola opportunità inizia l’intervento di Gian Paolo Gerio di Comau: «Applicare Industria 4.0 ai nostri sistemi è per noi certamente un’opportunità, ma anche per i nostri clienti. Alla base di tutto c’è comunque l’utilizzatore finale che, grazie a Internet, oggi può acquistare un prodotto direttamente online. Poi ci sono le fabbriche digitalizzate con tutte le nuove tecnologie disponibili quali macchine a cnc, robot, sistemi di logistica autonoma, stampanti 3D ecc. Ma le fabbriche devono comunque interfacciarsi con il mondo esterno, prendere risorse anche dai fornitori e dare valore aggiunto, il quale viene fuori dall’analisi di una grandissima quantità di dati che nella fabbrica precedente non erano disponibili, ma non erano nemmeno richiesti. D’altronde oggi stiamo passando da quella che era una produzione di massa a quella che viene definita customizzazione di massa per cui le aziende devono essere molto attente a ciò che accade al loro interno, controllare i magazzini ecc., il tutto per rispondere in modo rapido alle esigenze sempre più mutevoli dei clienti. I requisiti di base di Industria 4.0 per Comau sono la sostenibilità, per esempio l’uso corretto delle materie prima, la centralità sia del cliente sia del lavoratore, con riferimento all’ergonomia, alle metodologie di lavoro ecc., le nuove tecnologie come la robotica collaborativa, gli esoscheletri ecc., in un mix di macchinari tutti interconnessi tra loro per essere gestiti al meglio. In più, non va sottovalutato il vantaggio di poter simulare tutto il processo produttivo grazie ai sistemi CAD prima di realizzare gli impianti in una fase successiva. Impianti che, come abbiamo detto, sono sempre più interconnessi tra di loro facendo grande uso di robot e macchine utensili. Tutti questi oggetti sono connessi sia con l’ERP della fabbrica, sia con il mondo esterno che genera queste richieste. Si pensi che una vettura può essere configurata via Internet da cui parte l’ordine all’ERP della fabbrica che pianifica la produzione».
Sul tema della persona all’interno della fabbrica Gerio fa capire che la robotica arriva in soccorso a un problema di invecchiamento della forza lavoro che coinvolge Europa e USA che non dà spazio alle nuove leve: «a fronte di questo trend Comau sta lavorando a nuovi paradigmi quali la robotica collaborativa e gli esoscheletri impiegati già in Giappone e negli Usa per la riabilitazione delle persone ma che potrebbero aiutare in fabbrica l’uomo a svolgere impieghi che richiedono una certa forza fisica. Questi oggetti poi li adattiamo di tutte le caratteristiche che servono per l’adattabilità quali telecamere, sensori di forza, laser che servono per renderli robusti nel mondo destrutturato in cui vanno a lavorare. La mole dei dati che genera la fabbrica digitale è importante per monitorare il funzionamento della linea di produzione, il numero di prodotti si stanno facendo, avere sotto controllo ciascuna macchina all’interno del processo produttivo e adottare tecniche predittive per la manutenzione a distanza programmata».
L’esperienza nelle macchine per filatura
Marzoli Spinning Solution, oggi facente parte del Gruppo Camozzi, ha 160 anni di storia e può ben dire di aver attraversato tutte e quattro le rivoluzioni industriali, fino all’ultima, Industria 4.0, oggetto della tavola rotonda. Oggi l’azienda conta 250 persone ed esporta in tutto il mondo. Nel settore dei filati il funzionamento delle macchine si basa sullo stesso processo di lavorazione, essendo cambiato nel tempo il livello di automazione.
«Proprio per questo – dice Cristian Locatelli Direttore generale – nasce l’esigenza di creare una piattaforma di condition monitoring che coinvolga tutte le attività del Gruppo Camozzi.
Il progetto nasce nel 2012 momento in cui iniziamo a progettare piattaforme per la telemetria per i macchinari Marzoli inziando a costruire la nostra strada verso Industria 4.0. Nel 2014 nasce in Marzoli la piattaforma per il monitoraggio remoto dei macchinari grazie alla collaborazione con Microsoft è possibile migrare su Cloud tutte le piattaforme gestionali di gruppo. In parallelo iniziamo le prime installazioni pilota in Italia e Turchia con grande successo. Nel 2015, avendo ormai fatto nostri i concetti di Industria 4.0, nasce Camozzi Digital, una realtà trasversale con la volontà di sviluppare a livello di gruppo le soluzioni Cloud IoT rafforzando la collaborazione con Microsoft. Sempre nello stesso anno, Marzoli presenta la perla prima volta per il mondo della filatura le soluzioni IoT legate alla manutenzione predittiva che ha sorpreso positivamente i nostri clienti».
Per comprendere quali sono i motivi per cui Marzoli ha pensato a una soluzione cloud per la manutenzione dei propri impianti l’ing. Locatelli ha mostrato un impianto dell’azienda particolarmente significativo di 54mila fusi per una linea di pettinato, per un totale di 140 macchine, in cui Marzoli installa i filatoi, che devono stare in un’area di 18mila metri quadrati, con una densità, quindi, davvero elevata.
8mila ore all’anno di funzionamento in un lay-out di questo tipo portano la temperatura dell’ambiente di lavoro fino a 40-45°C, e un’aria densa di polveri di cotone specialmente laddove gli impianti di filtraggio non sempre sono così efficienti.
«In questo tipo di impianti la sezione principale è rappresentata dai filatoi. Un filatoio è un macchinario lungo fino a 70-75 metri che ha all’interno più di 9.000 organi rotanti, circa 8.500 cuscinetti, 17 motori elettrici, cinghie in grandi quantità ecc. In un impianto di queste dimensioni vi sono più di 300mila cuscinetti installati.Tutto questo solo per la parte filatoi. Questo esempio fa capire quali siano le difficoltà di manutenzione dei nostri impianti nel caso specifico in un ambiente molto ostile. Un’azienda di questo genere richiede almeno 30mila ore annue di manutenzione variabili a seconda della competenza del personale addetto alle attività di ispezione e mantenimento dei macchinari. Le nostre macchine hanno tecnologie moderne. Queste innovazioni vengono richieste anche nei paesi emergenti ed in regioni in via di sviluppo. Il problema è che questi impianti vengono costruiti sempre più vicini ai campi di cotone e sempre più lontani ai luoghi di competenza tecnico – tecnologica. Di conseguenza anche la competenza degli operatori di manutenzione influisce sul numero di ore legato al fermo macchina, la capacità di intervenire sulla componentistica meccanica, elettrica, elettronica, ingranaggi a bagno d’olio ecc. rappresenta sempre più un tema da affrontare. Per questo abbiamo sviluppato questa piattaforma chiamata MRM che si basa sulle tecnologie abilitanti, disponibili al costo giusto, in grado di monitorare la totalità di componenti, una sorta di black box sempre “on line” che consente in tempo reale di capire il motivo per cui si è verificato il fermo macchina. Il Cloud di permette di archiviare moli di dati fino a prima impensabili provenienti da ogni parte del mondo. In questo modo possiamo lanciare algoritmi sviluppati sfruttando la nostra competenza di dominio, ovvero, la competenza specifica dei nostri tecnici, dei nostri clienti e presente all’interno del Gruppo Camozzi».
Piccolo e flessibile è ancora bello?
Se prima della crisi il motto piccolo e bello metteva in evidenza il valore intrinseco dell’imprenditoria italiana, con il passare del tempo la dimensione aziendale è diventata il tallone di Achille delle nostre imprese. Industria 4.0 potrebbe in qualche modo ridimensionare il problema?
Da questa domanda parte l’intervento di Alessandro Mariani Cluster Manager di AFIL – Associazione Fabbrica Intelligente Lombardia: «Come AFIL ci stiamo muovendo molto per capire qual è la reale portata del termine Industria 4.0 o, come preferiamo chiamarla, Fabbrica Intelligente. Il sistema nazionale della Fabbrica Intelligente nasce nel 2012 dallo stimolo del Ministero dell’Università e Ricerca per far nascere una capacità di aggregazione di imprese e centri di ricerca a livello nazionale sui temi del manifatturiero avanzato in cooperazione con tutti gli altri paesi europei. AFIL nasce all’interno di questa struttura come soggetto di riferimento per la Lombardia, con il contributo dei centri di ricerca e Università. Il ruolo delle imprese e le loro necessità nel fare queste cose è fondamentale per dare loro delle strutture in grado di aiutarle. Tutto ciò viene tradotto in contenuti per i bandi che il Ministero emetterà, come abbiamo fatto recentemente su richiesta del MISE. Quando abbiamo definito le linee di intervento il tema trasversale è di far lavorare insieme tecnologia, le competenze e l’organizzazione aziendale perché solo in questo modo i paradigmi della Fabbrica Intelligente possono essere applicati. Industria 4.0 nella sua definizione più conosciuta ci dice che i dati provenienti dalle macchine diventano degli asset aziendali, quindi, tali dati devono essere letti e analizzati per dargli il giusto significato. Il direttore dell’Intelligent Maintenance Systems (IMS) dell’Università di Cincinnati, Jay Lee, ha esso stesso focalizzato l’attenzione sui Cyber Twin, ovvero, la rappresentazione nello spazio virtuale di un elemento meccanico sia per prevedere il suo comportamento del componente, sia per pianificare meglio la produzione e quindi incrementare la produttività. La rivoluzione che dobbiamo prepararci ad affrontare, soprattutto con riferimento alle Pmi, è che le aziende devono fissare gli obiettivi che voglio raggiungere prima di impiegare quelle che sono le tecnologie abilitanti. Ma questo pone di fronte le imprese a un grande stravolgimento organizzativo».