La comunicazione moderna viaggia su Internet e social con tutti i pro e i contro.
Molti genitori, per spiegare agli altri quanto è intelligente il proprio figlio o figlia, usano come parametro di riferimento la capacità di usare computer, cellulari e di navigare in Internet. Va da sé che più il soggetto è giovane e più questo legame acquisisce forza. Oggi i ragazzi, e non solo loro, chattano, twittano, postano, taggano, una popolazione che presto svilupperà nuovi occhi sulla parte alta del cranio perché ormai la testa è costantemente chinata a guardare lo smartphone.
Poi capita che il preside dell’istituto comprensivo Sanvitale-Salimbene di Parma diffonda le immagini prese da Facebook di una discussione tra due alunni delle medie e iniziano le polemiche con reciproci scambi di accuse tra genitori, scuola, istituzioni.
Si tratta di una serie di insulti scritti in sequenza che non richiedono oltretutto grande padronanza della lingua italiana se non la conoscenza di qualche termine di uso comune rigorosamente offensivo. Quindi non è possibile neppure dare un voto all’analisi logica e grammaticale delle frasi almeno per capire il livello scolastico dei due ragazzi.
Chi attribuisce la colpa di queste situazioni al mondo mirabolante di Internet e dei “social” sbaglia dimenticando che il bullismo, gli scherzi malvagi tra ragazzi e via dicendo sono sempre esistiti. Mi ricordo che in occasione di San Firmino la scuola si trasformava in una savana dove la preda era il “primino” e i cacciatori quelli delle classi superiori armati di pennarello con cui segnare la faccia del malcapitato o, quando andava peggio, scrivere parole non proprio belle da leggere allo specchio.
Come dimenticarci poi dei molti ragazzi tornati dal servizio di leva scioccati dalla pratica del “nonnismo”?
Il problema è la cassa di risonanza, una volta non si poteva scattare una foto e “postarla” su FB. D’altronde, il mondo si evolve (o involve) e con esso anche la crudeltà degli scherzi.
Sposterei la questione su un altro livello, ben più grave, che è quello dell’abbassamento culturale generalizzato che trova terreno fertile nei nuovi canali di comunicazione tra i quali metterei anche il nuovo modo di fare televisione. La parola scritta sulla carta trova sempre meno fruitori come denuncia la caduta libera del numero di copie vendute dei quotidiani; il risultato è che il 30 per cento degli italiani – secondo i dati Ocse – non sa riempire una domanda di lavoro, capire un contratto, leggere un articolo di giornale o un libro. Una sorta di analfabetismo post-moderno in un’epoca in cui le informazioni e la comunicazione viaggiano alla velocità della luce.
A fronte di un bersagliamento quotidiano di notizie provenienti da tutti i mezzi di comunicazione nuovi e vecchi, in cui tutti possono dire tutto e il contrario di tutto, l’unica arma disponibile è la cultura grazie alle quale possiamo accrescre le nostre capacità di critica e valutazione. Se questo è il messaggio allora ben venga il bonus di 500 euro per i neo diciottenni purché serva davvero per spese di tipo culturale. E magari per prendere una “patente di navigazione su Internet”.